Più imposte sulle imprese tra IRES, IVA e accise. Ecco chi paga di più
La Legge di Bilancio 2026 segna un cambio di rotta nella fiscalità italiana: meno tasse sui redditi delle famiglie, ma più prelievo su imprese e consumi.
Tra il 2026 e il 2028, il saldo complessivo per il comparto produttivo sarà di 6 miliardi di euro di imposte aggiuntive, dovute in gran parte all’aumento dell’IRES e al rafforzamento dei controlli sull’IVA.
Il Documento Programmatico di Bilancio (DPB) prevede una riduzione di 10 miliardi delle imposte dirette sulle persone fisiche, compensata da un aumento delle entrate per:
IRES: +6 miliardi
IVA: +1,6 miliardi
Accise: +1,7 miliardi
Monopoli e tabacchi: +1,5 miliardi
Il maggiore gettito IRES nasce da due direttrici:
Anticipo dei crediti per imposte differite e rinvio di deduzioni e compensazioni per banche e istituti finanziari.
Aumento della base imponibile per le società di capitali, legato alla revisione della tassazione dei dividendi e delle agevolazioni sugli ammortamenti.
L’aumento sarà graduale: +2,3 miliardi nel 2026, +3,1 miliardi nel 2027 e +614 milioni nel 2028.
Nel frattempo, la riduzione temporanea degli incentivi 4.0 sarà sostituita dal nuovo superammortamento per investimenti digitali e green, destinato però a dispiegare effetti solo nel medio periodo.
Il maggior gettito IVA (+1,6 miliardi) non deriva da nuove aliquote, ma da un rafforzamento delle misure antievasione.
L’incrocio in tempo reale dei dati di fatturazione elettronica, scontrini telematici e liquidazioni periodiche (Lipe) consentirà all’Agenzia delle Entrate di avviare controlli preventivi e ridurre le compensazioni indebite.
Il progetto si inserisce nella più ampia strategia di “compliance preventiva”, che potrebbe però aumentare gli oneri amministrativi per le PMI.
Sul fronte energetico, la Manovra introduce un riallineamento delle accise: la benzina scenderà lievemente, mentre il gasolio salirà.
Il saldo per l’Erario è positivo (+1,7 miliardi nel triennio), ma i costi per la logistica e i trasporti aumenteranno.
La misura è presentata come un intervento “ambientale”, volto a incentivare consumi a minore impatto climatico, ma resta un onere aggiuntivo per le imprese del trasporto.
Anche il capitolo “generi di monopolio” contribuisce all’aumento del gettito, con +1,5 miliardi nel triennio.
Il Governo giustifica l’intervento come misura di salute pubblica, ma l’effetto sarà regressivo e si ripercuoterà sui consumi a bassa elasticità, costringendo la filiera (produttori, distributori, rivenditori) a rivedere prezzi e strategie commerciali.
Le agevolazioni per gli investimenti (super e iper ammortamento) non produrranno effetti significativi nel breve termine.
La pianificazione più prudente della spesa pubblica sposta i benefici oltre il triennio 2026–2028, favorendo nel medio periodo le imprese che investiranno in transizione digitale e sostenibilità.
Nel frattempo, molte aziende – soprattutto quelle ad alta intensità di capitale – dovranno rivedere la pianificazione finanziaria per bilanciare maggiori oneri fiscali e minori incentivi immediati.
Fonte: pmi.it
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