Cosa prevede la legge
È possibile accettare solo una parte dell’eredità e rinunciare al resto? La risposta è no: la legge non consente una rinuncia parziale, e ogni decisione deve riguardare l’intera quota spettante.
Vediamo nel dettaglio cosa significa e quali alternative esistono per chi vuole tutelarsi da possibili debiti ereditari.
Nel diritto successorio, la rinuncia all’eredità è un atto molto delicato. Può accadere che un erede, per motivi personali o economici, preferisca non accettare quanto lasciato dal defunto. Tuttavia, secondo l’articolo 520 del Codice Civile, la rinuncia parziale è nulla: l’eredità si considera un insieme unitario di diritti e obblighi, e l’erede deve scegliere se accettarla o rinunciarvi integralmente.
Questo principio serve a evitare che un erede possa trattenere solo i beni vantaggiosi e lasciare agli altri eventuali debiti o oneri.
Allo stesso modo, anche l’accettazione parziale non è ammessa (art. 475 c.c.).
Chi teme di ereditare passività può tuttavia scegliere l’accettazione con beneficio d’inventario, che consente di separare il patrimonio del defunto da quello personale, rispondendo dei debiti solo nei limiti dei beni ereditati.
In alcuni casi la rinuncia non produce effetti:
Accettazione espressa o tacita: se l’erede ha già compiuto atti che implicano la volontà di accettare (ad esempio vendere un bene ereditato o pagare debiti del defunto), non può più rinunciare.
Mancato rispetto di termini e forme: se non viene redatto l’inventario entro 3 mesi dall’apertura della successione, o se non si dichiara la rinuncia entro 40 giorni dalla sua conclusione, l’erede è considerato tale “puro e semplice”.
Decorso del termine decennale: l’erede ha 10 anni per accettare o rinunciare. Trascorso questo periodo senza alcuna azione, perde il diritto di scelta.
No. L’accettazione, una volta avvenuta, è irrevocabile.
L’unica eccezione riguarda l’impugnazione dell’accettazione in caso di dolo, violenza o errore, ma solo entro cinque anni dalla scoperta del vizio.
Attenzione: la presentazione della dichiarazione di successione non comporta automaticamente l’accettazione, quindi è ancora possibile rinunciare successivamente.
Una rinuncia è nulla se non rispetta i requisiti di legge. È invalida, ad esempio, quando:
non è fatta davanti a un notaio o al cancelliere del tribunale;
è subordinata a condizioni o termini (“rinuncio solo se lo fanno anche gli altri”);
è compiuta da un soggetto incapace senza l’autorizzazione del giudice tutelare;
è viziata da dolo o violenza;
è successiva a un’accettazione tacita o espressa.
Non si può rinunciare solo a una parte dell’eredità, ma è possibile cedere la propria quota dopo averla accettata, tramite compravendita o donazione.
In questo caso non si parla più di rinuncia, bensì di trasferimento di diritti ereditari, disciplinato dall’articolo 1542 c.c.
La cessione può essere a titolo gratuito (donazione) o oneroso (vendita) e richiede:
atto pubblico notarile;
accettazione del cessionario;
notifica ai coeredi, che hanno diritto di prelazione;
trascrizione nei registri immobiliari;
pagamento delle imposte dovute.
Se un erede rinuncia, la sua quota passa ad altri eredi successivi, secondo l’ordine previsto dalla legge o dal testamento.
Non è possibile rinunciare solo a una parte dell’eredità: la scelta deve essere totale. Tuttavia, strumenti come l’accettazione con beneficio d’inventario o la cessione di quota permettono di gestire la successione in modo più sicuro e conforme alla legge.
Fonte: idealista.it
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