L’art. 16 del DLgs. 147/2015 prevede un’importante agevolazione per i lavoratori provenienti da un Paese estero che trasferiscono la propria residenza in Italia.
L’art. 16 del DLgs. 147/2015 (Regime speciale per lavoratori impatriati) prevede un’importante agevolazione per i lavoratori provenienti da un Paese estero che trasferiscono la propria residenza in Italia.
L'art. 5 del D.L. 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. Decreto crescita), convertito con modificazioni in legge 28 giugno 2019, n. 58, interviene a rimodulare e ampliare il regime fiscale agevolativo.
Al fine di incentivare l'ingresso o il rientro di lavoratori in Italia, il nuovo art. 16 del decreto legislativo n. 147 prevede che le persone di nazionalità italiana o estera che, a partire dal 2020, trasferiscono in Italia la loro residenza fiscale, ai sensi dell'art. 2 del TUIR, possano beneficiare per cinque periodi di imposta della detassazione del 70% dei redditi di lavoro dipendente, dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e dei redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia.
La detassazione sale al 90% per i redditi dei soggetti che trasferiscono la loro residenza in una delle regioni del Sud (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna). Pertanto, in caso di trasferimento in una di queste Regioni, il reddito resta imponibile nella sola misura del 10%.
Con la recente circolare n. 33 del 28 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha fornito delucidazioni sull’agevolazione rivolta ai lavoratori che trasferiscono la residenza in una delle regioni del sud.
Nella circolare viene chiarito che la nozione di residenza richiamata dall’art. 16 è quella civilistica; dunque, ai fini dell’individuazione della misura dell’agevolazione, rileva il luogo in cui la persona pone la propria dimora abituale, ovvero il luogo in cui il soggetto abita stabilmente.
Ricorda la circolare che “secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la nozione civilistica di residenza consiste in una situazione di fatto che presuppone l’esistenza di un duplice requisito, oggettivo e soggettivo, ovvero la permanenza in un determinato luogo e l’intenzione di abitarvi in modo stabile”.
Dunque, l’apertura di maggior interesse da parte dell’Agenzia sul punto è rappresentata proprio dalla circostanza di ritenere comunque agevolabile il reddito del lavoratore impatriato che, pur fissando la residenza ai fini “civilistici” in una delle regioni indicate dal comma 5-bis (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia), lavori in un Comune diverso da quello di residenza, evidentemente al di fuori del territorio interessato dall’agevolazione “rafforzata”.
A tal fine, però, precisa sempre la circolare, è necessario che il soggetto che ha fissato la residenza in una regione del sud Italia e che svolga la propria attività lavorativa al di fuori del Comune o della regione di residenza, ritorni presso la propria residenza quando possibile e che ivi ponga il proprio centro degli affetti famigliari e sociali.
È chiaro che l’interpretazione estensiva offerta dall’Agenzia delle Entrate agevola senz’altro il “south working”, in quanto consente l’applicazione del regime, con esenzione “rafforzata” in misura pari al 90% (in luogo dell’ordinario 70%), anche a un lavoratore impatriato che, pur trasferitosi in una regione del sud Italia, svolge la propria attività in una regione diversa.
A ben vedere, l’agevolazione nella misura “rafforzata” potrebbe spettare anche al lavoratore che, pur ponendo la residenza al sud, raggiunga il proprio luogo di lavoro in una regione diversa tramite frequenti trasferte, purché ritorni nel Comune di residenza appena possibile e ivi mantenga il centro dei propri affetti.
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