Niente TFR se il rapporto di lavoro prosegue
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21676 del 28 luglio 2025 (Sezione Lavoro), ha confermato che non spetta il trattamento di fine rapporto (TFR) in caso di fallimento del datore di lavoro cedente, qualora il rapporto di lavoro continui senza interruzioni con il nuovo datore, ossia il cessionario dell’azienda.
Un lavoratore aveva richiesto l’ammissione al passivo fallimentare della Srl cedente, per il credito relativo al TFR maturato a seguito della cessione del ramo d’azienda. Secondo il lavoratore, la cessione avrebbe comportato la cessazione del rapporto di lavoro con la società originaria e, quindi, il diritto al TFR.
Il Tribunale di Reggio Calabria aveva però rigettato la richiesta, ritenendo che il rapporto fosse continuato con il cessionario senza soluzione di continuità e che, quindi, non fosse sorta alcuna cessazione che potesse far maturare il diritto al TFR. Inoltre, il Tribunale aveva evidenziato l’assenza di omologazione del concordato preventivo da parte della società cedente, condizione indispensabile, secondo la normativa allora vigente, per l’immediata esigibilità del TFR.
Il ricorso del lavoratore, basato sulla presunta violazione degli articoli 105 della Legge Fallimentare, 47 della Legge 428/1990 e 2112 del Codice Civile, è stato respinto dalla Cassazione che ha confermato l’interpretazione dei giudici di merito, applicando la normativa vigente prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 14/2019.
La Corte ha precisato che, in caso di trasferimento d’azienda, il TFR non matura automaticamente se il rapporto di lavoro prosegue senza interruzioni presso il cessionario. L’art. 2112 c.c. stabilisce infatti che i rapporti di lavoro continuano con il nuovo datore, mantenendo tutti i diritti acquisiti, senza configurare una cessazione del rapporto.
L’art. 47 della Legge 428/1990, così come modificato dal D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa), prevede che in caso di procedure concorsuali il TFR diventi immediatamente esigibile anche con il trasferimento del lavoratore, ma questa normativa è entrata in vigore solo il 15 luglio 2022.
Poiché la cessione in oggetto risale al 2018, la Corte ha escluso l’applicazione della nuova norma. Prima della modifica, l’esigibilità del TFR era subordinata all’omologazione del concordato preventivo, che nel caso specifico non era stata concessa. Perciò, il rigetto dell’ammissione al passivo fallimentare è stato ritenuto corretto.
La Cassazione ha ribadito che il TFR si matura progressivamente, ma il suo pagamento è dovuto solo al momento della cessazione effettiva del rapporto di lavoro. Quando il lavoratore continua l’attività presso il cessionario senza soluzione di continuità, il rapporto non si considera interrotto e il credito per TFR non può essere fatto valere nei confronti del fallimento del cedente.
Il D.Lgs. 14/2019 ha previsto eccezioni relative all’esigibilità del TFR, ma queste non si applicano a procedure concorsuali aperte prima del 15 luglio 2022.
La Corte ha anche respinto l’argomento del lavoratore secondo cui la nuova assunzione sarebbe avvenuta ex novo, confermando che i giudici di merito hanno accertato che si trattava di una semplice prosecuzione del rapporto lavorativo e non di una nuova assunzione formalmente distinta.
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